Venerdì 23 Gennaio 2015
LA CONVENZIONE DI ISTANBUL
(a cura dell’Avv. Cristina Magnani)
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, in breve Convenzione di Istanbul, è un trattato internazionale, approvato dal Comitato del Consiglio d’Europa il 7/4/2011, aperto alla firma, in data 11/05/2011, in Istanbul (Turchia), in occasione di una sessione del Comitato dei Ministri tenutosi, appunto, in tale città.
Il primo Stato che ha aderito alla Convenzione è la Turchia, nell’anno 2012. L’Italia ha ratificato la Convenzione il 16 luglio 2013.
La Convenzione di Istanbul, una volta conseguito il numero necessario di ratifiche, è entrata in vigore il 1 agosto 2014.
Il Trattato ha per finalità la prevenzione e la repressione della violenza di genere, intesa come violenza contro il genere femminile e della violenza domestica, nonché l‘eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne e la promozione della concreta parità tra i sessi (art 1).
La Convenzione condanna la violenza sulla donna, alla stregua di una violazione dei diritti umani. La stessa condanna la discriminazione contro le donne che individua in tutti gli atti di violenza fondati sul genere, che provochino o siano suscettibili di provocare, danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica; comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria
della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata (art 2).
La violenza domestica, parimenti condannata dal Trattato in esame, è ivi identificata in “ tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima“.(art 2) Il Trattato in esame si prefigge di realizzare il proprio obiettivo istituendo una serie di obblighi per gli Stati aderenti. Tali ultimi devono adottare misure legislative coordinate, per contrastare il fenomeno della violenza di genere e devono procedere a periodici monitoraggi del fenomeno, mediante la raccolta dei dati statistici, afferenti tali crimini. Gli Stati devono, inoltre, compiere indagini sulla popolazione allo scopo di determinare la prevalenza e le tendenze di ogni forma di violenza di genere (art 11).
Ogni Stato aderente comunicherà le informazioni ed i dati raccolti al gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (G.R.E.V.I.O.). Tale ultimo è un organismo di controllo, creato dalla Convenzione allo scopo di vigilare sull’attuazione della stessa (art 66).
La Convenzione obbliga, inoltre, ogni Stato aderente ad attuare politiche interne, volte alla prevenzione dei reati di genere, mediante la promozione di cambiamenti dei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea d’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli maschili e femminili (art 12).
La norma in esame dispone che gli Stati aderenti adeguino la propria legislazione interna in modo da punire, quali autonome figure di reato, determinate condotte violente ai danni delle donne.
Tali condotte sono, a mero titolo di esempio, gli atti persecutori (già puniti all’art 612 bis del nostro codice penale), la violenza sessuale (già punita dagli art 609 bis e segg del nostro codice penale), le mutilazioni genitali (punito dall’art 583 bis del vigente codice penale), l’aborto forzato (punito dall’art 18 L 194/1978), oltre al matrimonio forzato, la violenza fisica, psicologica ed anche economica contro le donne.
La Convenzione impone agli Stati firmatari di garantire alle vittime dei reati di genere un effettivo risarcimento del danno, patito.
La norma in esame impone agli Stati aderenti di vietare i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti, tra i quali la conciliazione e la mediazione, in caso di violenza di genere (art 48).
Il Trattato valorizza l’importanza dei centri antiviolenza, impone agli Stati firmatari la creazione di rifugi per le donne vittime di violenza ed i loro bambini, nonché la creazione di apposite linee telefoniche, nazionali, gratuite per l’assistenza continuativa, 24 ore su 24, sette giorni su sette, al fine di dare immediato supporto alle donne vittime di violenza. In Italia, il servizio è esistente, già dal 2009, nella linea telefonica n 1522, creata su disposizione della Legge n. 38/2009.