“Quando i rumeni, gli albanesi, gli africani…eravamo noi”. Iniziativa al Centro culturale

E’ stato un bel pomeriggio quello di sabato 27 marzo al Centro Interculturale di Cervia, dove tante persone si sono riunite per ricordare “Quando i rumeni, gli albanesi, gli africani…eravamo noi” ma anche per capire, riflettere e discutere di emigrazione, immigrazione, razzismo. Erano presenti il sindaco Roberto Zoffoli, l’assessore Alberto Donati e il presidente della Consulta del Volontariato Oriano Zamagna.

L’incontro è stato organizzato dall’associazione “Integriamoci Insieme” col patrocinio del Comune di Cervia, in collaborazione con la Consulta del Volontariato e con il Gruppo di promozione del Centro Interculturale. Liljana Picari, presidente dell’associazione, ha ricordato ai presenti che l’iniziativa era una tappa del progetto “Chi siamo”, che coinvolge i mediatori culturali del territorio impegnati a fare conoscere il proprio paese alla cittadinanza, dopo avere svolto da anni, allo stesso scopo, interventi nelle scuole cervesi. Dopo un primo incontro dal titolo”Un  ventaglio di culture”e la presentazione del Senegal e dell’Ucraina e prima di analoghe iniziative dedicate al Marocco e all’Albania, è stata la volta dell’Italia. In questo caso si è deciso di focalizzare l’interesse sul periodo in cui anche gli italiani, emigrando, diventavano “stranieri”. Le diapositive tratte da foto d’epoca, accompagnate a tratti dai canti dell’emigrazione, hanno seguito sulle rotte della speranza e del dolore gli italiani che partivano. Una storia poco conosciuta, troppo spesso rimossa, che fa capire che l’emigrazione italiana è stata per molti aspetti uguale a quella che oggi arriva nel nostro paese e che gli stereotipi sugli immigrati di oggi sono gli stessi che un secolo o solo qualche decina di anni fa hanno reso amara la vita a milioni di migranti italiani. Drammatiche testimonianze d’epoca su generalizzazioni e satire impietose e su maltrattamenti sfociati anche in feroci persecuzioni sono state analizzate da Giovanna Zoffoli.

Commovente è stata la lettura da parte di Giovanna Campana di alcuni passi delle lettere inviate alla famiglia da Cecco Bernabini, partito da Castiglione per il Belgio alla fine del ’46 per svolgere il suo lavoro di falegname nelle miniere di Marcinelle. Altrettanto toccanti i brani delle lettere della moglie che l’aveva raggiunto coi due figli. Cecco fu investito da un camion mentre accompagnava un amico a cercare lavoro e il suo corpo è rimasto in Belgio accanto a quelli dei tanti minatori morti nella sciagura di Marcinelle.

Veramente bellissimo è stato lo spettacolo con cui il laboratorio del “Teatro del Sale”, diretto dalla regista Vladimira Cantoni del DAMS di Bologna, ha rappresentato il linciaggio dei nostri lavoratori nelle saline di Aigues Mortes in Francia, nel 1893. Qui i salinai italiani furono massacrati con l’accusa di rubare il lavoro ai francesi e di molti di loro non è stato più ritrovato nemmeno il corpo. La rappresentazione è iniziata con le percussioni e un canto senegalesi e si è conclusa con una struggente canzone albanese a suggerire che le storie di migrazione si incrociano e si identificano. Il significato dell’allestimento teatrale è stato reso esplicito dal monologo sul tema <Il lavoro è dignità> affidato all’<angelo del sale>,  un angelo con il volto da pagliaccio. La regista Vladimira Cantoni ha manifestato l’intenzione di intensificare la collaborazione con il Centro Interculturale cervese proponendosi di inserire anche gli stranieri nello spettacolo che il Teatro del Sale presenterà a giugno. <La società attuale – ha detto – è un impasto di culture da cui le singole tradizioni ricevono nuova luce>.

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