Mostra di Maurizio Palma "Il sogno di Icaro" Magazzini del Sale di Cervia

 Si può incontrare una forma di libertà anche dietro le sbarre. Si possono salire i gradini dell'anima anche in una cella. Espandere i propri livelli di coscienza tra quattro mura. La costrizione del corpo fa da contraltare alla libertà della mente. Dagli abissi e dal buio della psiche si può sprigionare colore, luce e forza creativa. Lo stile che contraddistingue Maurizio Palma è quasi primordiale, una scarica elettrica pervade tutte le sue opere, i colori sono violenti e per lo più primari. <La gestualità portata all'estremo è l'unico mezzo, l'unico linguaggio espressivo per dar voce a chi voce non ce l'ha. Chi vive ai margini del mondo – scrive Agnese Angelini - non cerca uno stile di vita. Cerca la vita>.

 La rabbia guida le sue mani in un susseguirsi di emozioni, emozioni che hanno pervaso tutta la sua vita.

Maurizio Palma l'ha vissuta come sfida. Una sfida anche rovinosa. Ma a volte sono proprio i fallimenti a salvare dalla megalomania. Palma si sente in lotta col mondo e con la società, mosso dalla ribellione verso le ristrettezze del suo ambiente. Una lotta che ebbe inizio tanti anni fa, quando era solo un ragazzo.  Per lui ribellarsi è stata quasi un'esigenza naturale e incoercibile.  Al pari dell’età ha subìto il fascino “ingenuo” della mala, dell’anarchismo. Eppure sembra che sin da allora fosse all’opera quel codice genetico. Fosse stata innescata la miccia di un attivismo ribelle. Ma quello che lo animava, fin da allora, era la mitologia del gesto unico, irripetibile. Del colpo sensazionale. Il desiderio di suscitare stupore.

Tutto ebbe inizio per difendere una ragazza che venne apostrofata in malo modo. Le sue scorribande avevano sempre un retrogusto un po’ romantico e guascone. Come se volesse lasciare il segno, la firma.  Un tratto da artista. Per il suo spirito indomito, tentando sempre la fuga, ha pagato un prezzo molto alto.

Nei complessivi ventiquattro anni di carcere trascorsi tra isolamenti alienanti e sezioni di massima sicurezza, la curiosità, il desiderio di sapere e l’amore per il bello, hanno trovato terreno fertile nello studio e nell’arte, suo primo amore. All’età di trentasei anni ha cambiato "armi": libri, colori, spatole e pennelli sono diventati strumento per la sua immutata ricerca di libertà ed armonia. Uscito definitivamente dal carcere l’8 dicembre 2005, dopo aver scontato cinque giorni in più per un banale errore burocratico, continua a dipingere e sognare nella sua piccola "cella traslata", ricavata in un garage. Una garage sulla “via del riscatto”, in un mondo che non fa sconti. Nella realtà reinserimento, intregrazione nella società restano parole al vento.

Ma forse nel caso di Palma il ribelle è un doppio dell’Artista, sono come un dritto e un rovescio.

L’uno e l’altro strutturano grandi vuoti: in un caso la propria vita, nell’altro la tela bianca. Ma senza la retorica del “vivere inimitabile” o della “vita come un’opera d’arte”. Scendere agli “inferi” costa caro. La dura realtà oppone resistenza. Ma condurvi se stesso, per Maurizio Palma sembra quasi essere stata una necessità.  Un viaggio solipsistico, tragico, ma anche libero, nonostante tutto. L’audacia è motrice, e talora conduce agli abissi quando si mirava alle vette. L''esistenza si costruisce come un'algebra. Solo alla fine si fanno i conti.

Oggi anche nelle sue opere c’è una mistica ribellistica e per nulla asceticamente contemplativa. Quella di chi partendo dai materiali di scarto o dalla forza del colore aspira a una sorta di reincanto del mondo.

<E' l'ansia di vivere dimenticati che alimenta il sogno, il fuoco, il desiderio di emergere, l'esigenza vitale di lasciare una traccia del proprio passaggio – commenta Agnese Angelini -. E' il desiderio di urlare a gran voce “Ci sono anch'io, sepolto, dimenticato ma vivo”. Maurizio Palma ascolta il lamento del mondo delle ombre, perché anch'egli è stato un'ombra>.

<Nella sua pittura volutamente brutale  – prosegue la curatrice della mostra – ritrova la purezza, la speranza, la voglia di sognare e di volare. Quella disperata voglia l'ha rintracciata quando si è sentito annullato, cancellato, debellato, proprio in quel momento, in quel preciso istante, ha avvertito la rabbia crescere ed esplodere. L'esplosione si è portata via ogni reminescenza decorativa, ogni leziosità e ha lasciato spazio alla tempesta emozionale. Graffia, incide, scava nella tela e nella sua memoria, dalla quale riaffiorano incubi e domande>.

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